lunedì 21 aprile 2008

Questione di topi

Jack il Sorcio tornava nella sua città dopo cinque lunghi anni di assenza.
Era stato al gabbio, in gattabuia.
Aveva visto il sole a scacchi per un interminabile lustro.
Indossava lo stesso impeccabile completo grigio scuro che aveva quando lo beccarono gli sbirri, al Pantegana blu, seduto al tavolo con Susy Soccola, Miguel Mausito, portoricano, e Rattàn Dubal, arabo.
Pessima notte, quella.
Notte di coca, di rhum, di gorgonzola DOP, di tope.
Aveva offerto tutto Jack, come sempre.
Voleva festeggiare. Festeggiare l’ultima vittoria, l’ultima dimostrazione di superiorità del suo clan.
I fatti erano andati così.
Jack era il capo indiscusso di Topham City.
Una leadership ai margini della legge ereditata dal padre e conservata con onore e stile.
Bisognava seguire le sue regole in città, ma erano giuste e sagge, e tutti stavano bene.
Certo non ci si poteva opporre.
Se lo facevi, Jack non ti uccideva, ma ti cacciava da Topham.
Stiamo sopra e sotto, amava dire Jack sorseggiando whisky e stuzzicando palline di mais al formaggio. Alludeva al fatto che comandava sulla terra e nelle fogne.
Un giorno il suo braccio destro, Tore il Roditore, gli disse che quelli di Mouseland volevano una parte delle fogne di Topham. Ne rivendicavano un’area in base ad antichi cavilli di giurisdizione fognaria.
Tore era fedele e taciturno, di famiglia siciliana.
Girava sempre in doppiopetto gessato blu e con uno stecchino tra i denti, armato di una trappola Magnum con silenziatore. Aveva dato prova di grande lealtà a Jack, in passato.
Per lui aveva sacrificato la sua vita privata.
Quelli di Mouseland, comunque, non avevano mai dato fastidio.
Era una colonia di topi virtuosi del canto.
La loro economia si basava sull’insegnamento in scuole del falsetto squittante, di cui solo loro conservavano i segreti della tecnica.
Era brava gente, insomma. Se ne fregavano di avere delle fogne in più.
La richiesta veniva da lontano. Dai confini dello stato, da un' altra nazione.
Da Rinoville. E c’era una topa in ballo.
La stessa topa di cui erano innamorati Jack il Sorcio e L’Africano, il rinoceronte capo di Rinoville.
E Jack lo sapeva.
Susy Soccola era un bocconcino prelibato, che vantava corteggiatori in ogni specie.
Una volta un cavallo le mandò 101 zollette rosse di zucchero, e un coccodrillo una borsetta fatta con la pelle di suo figlio e una boccetta di lacrime.
Nonostante le differenze fisiche, si diceva sapesse soddisfare i bisogni sessuali di tutti i suoi amici.
Con Jack sembrava avesse trovato la felicità.
Lui, innamoratissimo, le dava tutto.
Auto, moto ad acqua se aveva qualche servizio da fare nelle fogne, anelli di brillanti, parrucchiere ogni giorno, libretto d’assegni in borsa.
Ma L’Africano la voleva a tutti i costi, e cercò di distrarre Jack con questa faccenda delle fogne, per rapirla.
Jack lo capì e fece chiudere Susy per una settimana in una camera della sua villa.
Fece ergere delle mura difensiva dai suoi topi migliori, per assicurarsi che nessuno potesse rubargliela.
Dopo, la liberò.
Quando andarono a festeggiare al Pantegana Blu, ci fu il blitz degli sbirri, che lo arrestarono per sequestro di topa.
Avevano le foto in zampa, gliele aveva date Tore il Roditore.
L’Africano era riuscito a comprarselo. Le foto in cambio di una top model di serie A.
Tore non vedeva una topa da almeno quindici anni, e cedette.
In un solo colpo Jack andò in carcere, lasciò la topa amata e perse un amico.

Quando uscì, il suo scopo era quello di vendicarsi.
Sapeva che Susy era scappata, dopo la faccenda. Ma non sapeva dove.

Tornato a casa, disse ai suoi uomini che voleva giustizia.

- Che hai intenzione di fare, Jack?
- Devo andare da lui.
- Cosa vuoi fare, Jack, per Diòtopo! mica quello che pensiamo?
- Sì.
- No, dai, non puoi, è troppo rischioso, nessuno mai ci è riuscito.
- Ebbene sì, avete capito.
- E’ quello?
- Sì. Devo andare dall’ Africano e infilargli la coda nel naso.
- Ma capo, ragiona! a Rinoville infilare la coda nel naso dell’Africano significare morire! e morire avvelenati, che è la morte peggiore!
- Non mi interessa, oramai ho deciso.

Gli si fece il vuoto attorno.
Chi prese la bici, chi la ruota, e se ne andarono.

- Jack, tu non puoi - gli disse il vecchio giardiniere, che aveva assistito alla riunione.

- E perchè mai?
- So una cosa che nessuna ancora sa. L’Africano è morto.
- E come?
- E’ giusto che tu lo sappia. Si mise con Susy quando tu te ne andasti. Dopo un po’ iniziò ad assumere Viagra.
Ti ricordi com’era Susy, d’altronde. Un destino scritto nel nome.
Ieri l’Africano si è fatto blu come l’ippopotamo della Chicco.
Il suo cuore non ha retto più.

Jack non parlò più.
Si versò del whisky e prese qualche pallina di mais al formaggio, come sempre.
Mise su un disco delle Straisand e si rilassò sulla sua poltrona di pelle umana.
Accavallò le zampe e sospirò, con un sorriso obliquo stampato sul volto.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

E' bellissimo!Fantasioso e originale...per me che amo i cartoni poi...Baci, Vale

India ha detto...

Valeriotta emigrante...trop gentille...
baciuzzi!

Anonimo ha detto...

Bellissimo il coccodrillo........

Anonimo ha detto...

che ci tieni ....
ciao ago